Scrivere, raccontare. Aprire la scatola della memoria, dell'ascolto e della ricerca di sé.
Gesto, pensiero, riflessione, meditazione.
Una modalità di cura alla quale l’umanità ha fatto appello da sempre per superare i momenti più duri e faticosi della vita.
Questo percorso di consapevolezza nasce dal desiderio di utilizzare la Mindfulness e la parola scritta per per far luce su quelle storie che ci imprigionano nel passato, in una certa immagine di noi e in una certa lettura del mondo e nella vita.
Tutti abbiamo una storia, un passato, ricordi. Ed è una storia da cui non possiamo prescindere, ma il più delle volte è una storia scritta da altri. Una storia di cui spesso non ci sentiamo protagonisti ma vittime, prigionieri. Una storia tessuta delle aspettative, dei giudizi, dei veri e propri traumi o semplicemente degli abiti che ci sono stati cuciti addosso tanto tempo fa, e di cui oggi diventa tanto difficile liberarci.
Grazie alla combinazione di tecniche di mindfulness e scrittura creiamo una possibilità di condivisione e consapevolezza, di reale comprensione e compassione, allontanandoci dalla nostra esperienza quel tanto che basta per poterla guardare, accogliere, e, se vogliamo, lasciar andare.
In questo la Mindfulness ci offre strumenti preziosi ed unici.
Attraverso la scrittura e la Mindfulness insieme possiamo trovare immagini, significati e interpretazioni che altrimenti ci sfuggirebbero. Possiamo capire, intuire e anche tessere una trama nuova: la parola scritta, tappeto magico e macchina del tempo, ci conduce in luoghi che diversamente non troveremmo.
Là dove finalmente troviamo un senso, e dove possiamo comprendere, accogliere, trasformare la storia, troppo spesso dolorosa, che ci ha resi chi siamo.
La scrittura ci mette davanti a noi stessi e alla nostra unicità, restituendo spazio e potere alla fantasia, all'immaginazione, alla capacità empatica e perché no, ai nostri sogni.
“…ho scritto un’autobiografia immaginaria, anche se non nel senso di fittizia, dato che tutti i personaggi, i luoghi e i fatti narrati sono veri, ma nel senso che la storia profonda della mia vita è il risultato di uno sforzo costante per stimolare la mia fantasia, ampliarne i limiti, per apprenderne il potenziale terapeutico e trasfiguratore”
(A. Jodorowsky“La danza della realtà”, p.322).
Jodorowski ci insegna che per parlare all'inconscio dobbiamo usare la sua lingua, quella della metafora, dell'arte, della fantasia. E aggiungiamo che per comprenderlo davvero dobbiamo scoprirne le parole. Stanarle dall'abitudine del pensiero e portarle alla luce, perché ci guidino davanti allo specchio e ci aprano gli occhi.
In questa chiave scrivere, e scrivere di sé, significa:
svelarsi a se stessi
riconoscersi
ricordare
trasformare e ricostruire
perdonarsi e perdonare
ritrovare la strada.
Significa dissodare il terreno della propria vita, lasciando emergere dalla memoria i ricordi per trasformarne la carica emotiva e liberarci dal loro peso.
Significa riscrivere quel copione inconscio che ci muove e ci vive, nostro malgrado, diventandone invece autori consapevoli.
Ogni ricordo è come un’isola che affiora alla superficie e si unisce alle altre isole, a formare l’arcipelago della nostra storia. Ma una storia che stavolta scrivo, e non
subisco.
La scrittura, ancor più quando abbinata alle tecniche di Mindfulness
- aiuta a mantenere il pensiero friabile e aperto
- ci libera dalla prigionia della nostra storia come narrata da altri, riconducendoci al centro della nostra esperienza
- aiuta la ricerca della propria autentica forma
- cura e ricuce tante ferite
- dona maggiore consapevolezza di sé, permettendo un maggior livello di benessere generale
- aiuta ad esprimerci, ad ascoltare e ad ascoltarci. Spesso per la prima volta.
Può darsi che la parola scritta ti abbia sempre attrattə, oppure che cerchi un modo nuovo e uno strumento diverso per incontrarti. Questo percorso può aiutarti ad aprire diverse porte: quella dei sogni, quella del cuore, quella della trasformazione. E forse quella dell'arte.
Gli incontri possono essere individuali o di gruppo. A volte residenziali, a volte online.
Se vuoi informazioni sul prossimo percorso scrivimi
INVICTUS
Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio qualsiasi Dio possa esistere
per l’indomabile anima mia.
Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l’Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.
William Ernest Henley
INVICTUS
Out of the night that covers me,
Black as the Pit from pole to pole goes,
Thank God there can be any
for my unconquerable soul.
In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.
Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds, and shall find, me unafraid.
It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll.
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.
William Ernest Henley
Perché la meditazione? Mi piacciono le parole che sceglie Chandra Livia
Candiani:
"Forse la meditazione è una forma di disadattamento riconosciuta,
un’ala che ti salva all’ultimo momento, una classificazione, classificazione che all’improvviso ti fa specie. Una cosa è certa, a me ha dato il corpo. Ho scoperto di respirare. Mi ha insegnato a
sentire. Mi ha fatto percepire il momento e il luogo. Mi ha insegnato ad assaporare qualsiasi cosa stessi vivendo, senza esclusione. Mi ha messo al mondo."